A me il bombolone piace tanto. Ma proprio tanto tanto. Qui a Roma è chiamato, meno affetuosamente, ma con più aderenza alla realtà, bomba. Ed è buoooono.
Adoro sentire le prima labbra e poi i denti che incontrano lo strato di zucchero, quindi la pasta che opponendo la giusta resistenza cede sotto l’attacco famelico della bocca. Lo zucchero che si appiccica alle dita, alle labbra, invito per pulizie linguistiche. E poi quando si arriva alla crema, che rigorosamente esplode nella direzione più imprevista, il livello di zuccheri aumenta esponenzialmente, insieme alla soddisfazione.
E alla possibilità di macchiarsi.
Ad Alessandria, il bombolone non è diffuso come qui a Roma, dove è impossibile pensare bar in cui non sia presente per colazione o spuntino notturno pre-alba. Nella cittadina nativa, si trovano solo quelle brutte copie dall’aspetto plasticoso, un poco floscio, quasi andato a male.
In realtà, la mia passione per la bomba, oltre che per l’oggetiva bontà e delicata pesantezza, credo sia una delle belle sensazioni che mi ricordano gli anni in cui ero alto un metro o poco più.
Da piccolo, a casa mia, non c’era l’abitudine di far colazione al bar. La regola era tazza di latte, biscotti (macine, galletti, o quelli con la pannocchia, ed in seguito abbracci o pan di stelle (rigorosamente mulino bianco, credo saremmo dovuti essere azionisti barilla honoris causa)) o corn flakes e varianti. Il bar era un evento, durante l’anno scolatico, raro e di norma collegato a qualche evento speciale, spesso non piacevole (il prelievo del sangue, la visita dallo specialista). Ma per me era sempre motivo di gioia ed eccitazione.
Il mio amore per il bombolone pero’, a parte le rare volte quando veniva comprato chissà in quale bar dai miei, è legato alle vacanze. In particolare alle vacanze in tenda e roulotte con i miei genitori. Ho stampato in memoria il ricordo di mia madre che tornando presto dallo spaccio del campeggio portava con se latte, giornale, e il tanto desiderato sacchetto bianco delle brioches… E la speranza era sempre che il bombolone non fosse già finito. Per potersi sporcare e ricoprire la faccia di zucchero, lasciare che la crema invadesse, dolcissima, la bocca. E raccogliere le energie necessarie ad un dodicenne per affrontare la giornata di mare.
Credo sia diventato per me un emblema di momenti e ricordi felici quali possono essere le vacanze estive per un bambino tra le elentari e le medie. E poi e’ proprio buono.
E’ ora di andare al lavoro. Via lo zucchero dalla maglia.
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