Inglourious

Inglourious Basterds, il nuovo Tarantino. Potrebbe essere un B movie (e ne è apertamente e fieramente ispirato) di guerra anni ’60/’70, ma i dialoghi sopra le righe conditi da humor nero e citazioni, la regia sempre attenta ai dettagli e alle scelte stilistiche, sempre imprevedibili come ci ha abituati il buon Quentin,  e la selezione musicale meravigliosa (attinta ancora una volta a piene mani dai compositori dell’Italia anni settanta, da Ortolani a Morricone), rendono unico questo nuovo Tarantino, perfettamente in linea con i suoi ultimi lavori. Godibile e divertente, ovviamente sempre sopra le righe e sconfinante nel grottesco. In lingua originale, il tedesco, francese, inglese e italiano (imperdibile la scena di Pitt finto italo-americano all’ingesso del cinema) si fondono giocando con la sospensione del giudizio dello spettatore: bisogna accettare le (divertenti) regole scelte dal regista. Fantastico il personaggio interpretato da Cristoph Waltz, temibile cacciatore di ebrei.
Pessima la proiezione in lingua originale della sala 1 del Metropolitan, via del Corso, Roma: errata la lente del proiettore, fila posteriore del surround che frizzava e distorceva notevolmente a media dinamica, proiettore due (seconda meta del film)con evidenti problemi nella decodifica dolby (il fastidioso effetto di leggera distorsione del canale centrale , come un costante rumore nel registro medio alto). Pessima la risposta del proprietario dopo aver cercato di fargli notare che forse c’era qualche problema.

Il bombolone

A me il bombolone piace tanto. Ma proprio tanto tanto. Qui a Roma è chiamato, meno affetuosamente, ma con più aderenza alla realtà, bomba. Ed è buoooono.
Adoro sentire le prima labbra e poi i denti che incontrano lo strato di zucchero, quindi la pasta che opponendo la giusta resistenza cede sotto l’attacco famelico della bocca. Lo zucchero che si appiccica alle dita, alle labbra, invito per pulizie linguistiche. E poi quando si arriva alla crema, che rigorosamente esplode nella direzione più imprevista, il livello di zuccheri aumenta esponenzialmente, insieme alla soddisfazione.
E alla possibilità di macchiarsi.
Ad Alessandria, il bombolone non è diffuso come qui a Roma, dove è impossibile pensare bar in cui non sia presente per colazione o spuntino notturno pre-alba. Nella cittadina nativa, si trovano solo quelle brutte copie dall’aspetto plasticoso, un poco floscio, quasi andato a male.
In realtà, la mia passione per la bomba, oltre che per l’oggetiva bontà e delicata pesantezza, credo sia una delle belle sensazioni che mi ricordano gli anni in cui ero alto un metro o poco più.
Da piccolo, a casa mia, non c’era l’abitudine di far colazione al bar. La regola era tazza di latte, biscotti (macine, galletti, o quelli con la pannocchia, ed in seguito abbracci o pan di stelle (rigorosamente mulino bianco, credo saremmo dovuti essere azionisti barilla honoris causa)) o corn flakes e varianti. Il bar era un evento, durante l’anno scolatico, raro e di norma collegato a qualche evento speciale, spesso non piacevole (il prelievo del sangue, la visita dallo specialista). Ma per me era sempre motivo di gioia ed eccitazione.
Il mio amore per il bombolone pero’, a parte le rare volte quando veniva comprato chissà in quale bar dai miei, è legato alle vacanze. In particolare alle vacanze in tenda e roulotte con i miei genitori. Ho stampato in memoria il ricordo di mia madre che tornando presto dallo spaccio del campeggio portava con se latte, giornale, e il tanto desiderato sacchetto bianco delle brioches… E la speranza era sempre che il bombolone non fosse già finito. Per potersi sporcare e ricoprire la faccia di zucchero, lasciare che la crema invadesse, dolcissima, la bocca. E raccogliere le energie necessarie ad un dodicenne per affrontare la giornata di mare.
Credo sia diventato per me un emblema di momenti e ricordi felici quali possono essere le vacanze estive per un bambino tra le elentari e le medie. E poi e’ proprio buono.

E’ ora di andare al lavoro. Via lo zucchero dalla maglia.

tutti i concerti

Qualcuno fa classifiche, io ho deciso di fare un elenco di libere associazioni di ricordi sonori:

dream theater, sigur ros, paolo fresu, muse, modena city ramblers, enrico rava e stefano bollani, chemical brothers, angra, daft punk, antony and the johnson, fennesz, franz ferdinand, casino royale, manu chao, subsonica, amici di roland, the coral, crystal castles, late of the pier, fever ray, franco battiato, jamie lidell, animal collective, moderat, the police,  ben harper, moby, lindstrom, throbbing gristle, giovanni allevi, elio e le storie tese, gianmaria testa, pixies, planet funk, quintorigo, billy cobham trio, aphex twin, nouvelle vague, battles, bjork, bluvertigo, underworld, the cure, madonna, tricky, soulwax, new order, eels, goldfrap, matthew herbert, massive attack, u2, my brighest diamond, !!!, vinicio capossela, perturbazione, peter gabriel, the blind boys of alabama, gotan project, pj harvey, red hot chili peppers, garbage, oi va voi, lcd soundsystem, dani siciliano, africa unite, bon jovi, easy star all star, afterhours, giuliano palma and the bluebeaters, hooverphonic, ilya, ludovico einaudi, artic monkeys, daedelus, buraka som sistema, tim exile, pfm, jethro tull, goran bregovic, lamb

ad esempio

Ad esempio, io spesso vado al cinema da solo. Lo so, a molti risulta essere una delle cose piu’ brutte da fare nel tempo libero; io trovo che sia splendido, anche (forse soprattutto) a causa del mio lavoro/passione; forse per necessita’, dato che quasi tutti si tirano indietro quando capiscono che il film sara’ in lingua originale sottotitolato (adoro i cinema dove proiettano le versioni orginali. Un altro film, quasi sempre!)

Vado al cinema da solo, ma uno o piu’ amici assieme a me sono sempre benvenuti.

Anzi, credo che a seconda della compagnia che si ha, un film venga vissuto e visto in maniera diversa. Cioe’ il film e’ sempre quello, se mi fa ridere da solo, ridero’ anche in compagnia, se non mi piace, non diventera’ certo un capolavoro per la compagnia con cui lo guardo. Penso pero’ che l’avere persone accanto influenzi, ovviamente, le emozioni e sensazioni e come viene vissuto quel determinato momento (e non sto pensando alla donna accanto che monopolizza l’attenzione come se fossi un ragazzetto di 13 anni). Anche al cinema.

Quello che ci arriva dalla visione di una pellicola dipende in gran parte dal film, e dalla propria esperienza, vita passata, sensibilita’, situazione emotiva, attenzione. E questo non cambia a prescindere dalla presenza o meno di persone accanto. Penso pero’ che avere vicino una determinata persona, quel amico o quell’altro, una ragazza oppure la propria compagnia, in qualche modo influenzi le sensazioni che ci raggiungono nei novanta minuti di proiezione. Ci influenzano per le poche parole che abbiamo scambiato prima dell’inizio del film. Ci influenzano perche’ inconsciamente filtriamo la visione sapendo che dopo parleremo con una persona particolare. Ancora, ci influenzano per quello che abbiamo vissuto insieme nel passato (non solo ovviamente per i film visti assieme),  per ogni momento di vita condivisa, che nel profondo ci pone in uno stato particolare unico, solo per la presenza stessa di quella determinata persona.

Come tante sfumature che puo’ assumere un colore, cosi’ le persone che abbiamo accanto quando si spengono le luci in sala predispongono variazioni indecifrabili alle emozioni che stiamo per vivere.

E mi piace pensare che la vita sia come la visione di un lungo film. Meglio, sia un film di cui a volte siamo attori, a volte registi, in altre scene comprimari, ma sempre avidi di emozioni e passioni; un lungo film di cui decidiamo suoni e colori, o comunque ne siamo i principali artefici, mentre dettagli e sfumature (spesso pero’ fondamentali per rendere giustizia ad una scena) sono il contributo unico e particolare delle persone che abbiamo vicino.

Incipit VII

Macchiffastapuzza, si chiese Gabriel, arcistufo. Impossibile, mai che si puliscano. Sul giornale c’è scritto che a Parigi non c’è nemmeno l’undici per cento di appartamenti col bagno, non c’è da meravigliarsi, ma ci si può lavare senza. Tutti questi che mi stan d’attorno, però, devo dire che mica fanno gran sforzi. D’altra parte, perché dovrebb’essere una selezione fra i più lerci di Parigi? Non c’è motivo. È il caso. È assurdo supporre che la gente che sta aspettando alla Gare d’Austerlitz puzzi più di quella che aspetta alla Gare de Lyon. No, via, non ci sarebbe proprio motivo. Però, dico: ma che odore.

- Zazie nel metrò – Raymond Queneau

Cleaning the closet

E’ passato piu’ di qualche giorno dalle ultime righe scritte qua sotto. Ad essere onesti, piu’ di qualche settimana… Diciamola tutta, cinque mesi.

Sono rimasto indietro di una marea di incipit, certo. Ma soprattutto di sensazioni, novita’,  momenti positivi e negativi, perdite e nuovi incontri. Indietro di una, piccola, parte di vita. Indietro in questo piccolo angolo di pensieri, sfoghi, riflessioni.

Cercando della musica (questa) tra i vari hard disk sparsi sulla mia scrivania, mi sono imbattutto nei  rimasugli di cartelle dei molti computer che mi hanno accompagnato negli anni, e i cui dati bene o male continuano a seguirmi, io stesso dimentico del contenuto e della loro stessa esistenza. Tuffo nella memoria. Specchio per (ri/dis)conoscersi. Attimi per confrontarsi e scontrarsi con i giorni che passano.

Strana coincidenza, (serendipity) in giorni che hanno dato gli stessi spunti per altri motivi.

Gli harddisk su una scrivania stranamente piu’ in ordine di quanto mi sia solito; ora di svuotare anche i dischi stessi e ordinare il contenuto. E fargli prendere un po’ di sole. Virtuale.

Ah, la saudade californiana e’ quasi superata…

Un alessandrino a San Francisco

Incontrare nuove persone, soprattutto in luoghi poco conosciuti e diversi dal nostro “habitat” ususale, e’ per me una delle esperienze piu’ belle che si possano vivere, e il modo piu’ profondo per conoscere luoghi diversi da quelli nativi.
Oggi abbiamo conosciuto un italiano che da vent’anni vive a San Francisco, e puo’ oramai considerarsi cittadino di questa citta’; particolarita’, e’ nato e cresciuto ad Alessandria, a 30 secondi da casa mia, solo il tempo di attraversare una strada.
Scherzando mi diceva che probabilmente ci eravamo anche incontrati, ad Alessandria, solo che io ero in un passeggino spinto dai miei genitori, e lui ragazzo che si preparava a lasciare la cittadina di provincia per andare a studiare all’universita’ a Milano.
Un pranzo nella zona di Mission e’ il occasione per il nostro incontro, e le due ore passate insieme a Giamma e Barbara sono piacevoli e interessanti.
L’impressione che rimane e’ che ancora una volta la citta’ abbia dimostrato in passato e continui a dimostrare un’apertura per chi la cerca e la vuole, e ancora tanta voglia di rimanere a vivere qui e sperimentare una cultura simile ma diversa dalla nostra.
Il pomeriggio passa veloce tra Castro ed Haight mentre cerchiamo souvenir e ci godiamo ancora questi quartieri variopinti; molte piu’ persone per le strade in questo sabato pomeriggio, e ci perdiamo tra i turisti e gli abitanti in giro per shopping.
Ci affidiamo completamente nelle mani della guida per la cena: un piccolo ristorante vietnamita e’ la nostra scelta.
L’aspetto dal di fuori non e’ dei piu’ invitanti: piccolo, sporco, male arredato e pervaso da strani odori. Una volta seduti allo spartano tavolo (e serviti dal cameriere piu’ sgarbato che abbiamo mai  incontrato in questi giorni), quando le abbondanti pietanze iniziano ad arrivare, non possiamo che ricrederci e continuare a elogiare la guida per i suoi consigli sul cibo. Decisamente abbiamo ordinato troppo, e la mia zuppa rimane a meta’ come il mio pollo agrodolce alla vietnamita. Ma i sapori sono fantastici e il portafoglio non soffre troppo.
La notte prosegue sperimentando tutti (beh, non proprio, ma ci abbiamo dato dentro) i locali attorno al nostro hotel, zona Downtown: in fondo e’ weekend anche qui! 

Expo74

I tre giorni della Expo74, la prima conference per utenti e sviluppatori di MaxMSP e’ stata una bellissima esperienza.
Essere in terra americana e partecipare ad un corso. Conoscere i programmatori del software ed insegnanti delle maggiori universita’ americane. Conoscere altri utenti, con tutti i lori stili e i diversi utilizzi che fanno del software, cosi’ tanti e cosi’ geniali a volte, quando in Italia e’ difficile trovare solo qualcuno che ne abbia sentito parlare. Ottima organizzazione, dalle attivita’ “didattiche” al cibo (tra l’altro ho scoperto il termine foodies, cioe’ maniaci del cibo, cosa abbastanza comune a San Francisco, e specialemnte tra i dipendenti di Cycling74).
Tre giorni intensi (dalle 9am alle 7pm per tutti i giorni) ma anche molto divertenti e stimolanti. E le serate, quando la stancheza mi ha dato tregua, a gironzolare tra locali e birre con Stefano, che nel frattempo e’ diventato un perfetto abitante di San Francisco.
Peccato che non sia durata di piu’; l’unico neo ora e’ che voglio approfondire l’utilizzo e lo studio di questo software… Ho bisogno di teeeeeeeeeempo!!!

woooooooooooow

Oggi e’ stata una giornata da Woooooooooow…
La giornata e’ stata scandita da una tabella di marcia ferrea. Obbiettivo: tornare a San francisco per le sei del pomeriggio, ora d’inizio dell’aperitivo di benvenuto alla Conference a cui da domani partecipero’.
Questo pero’ non ha impedito di impegnare completamente la giornata.
Dopo la sveglia, abbiamo lasciato l’albergo e iniziato a visitare Monterey, cercando di approfondire la conoscenza con il suo passato, nonostante i 30 gradi all’ombra.
Bassi edifici bianchi di origine messicana compongono questa solare cittadina, un tempo patria dei pescatori di sardine, prima che l’eccessiva pesca ne distruggesse completamente l’habitat (e l’industria). Ora vive principalmente del turismo e va fiera del suo storico passato di centro commerciale, quando ancora i messicani dettavano legge in queste terre.
Poche miglia piu’ a sud, si trova Carmel-by-the-Sea, nota e fiorente e ricca cittadina balneare della costa. L’opulenza e aristocraticita’ dei suoi visitatori si nota dalla perfezione con cui ogni cosa sia curata a regola d’arte, dai vialetti delle strade ai bidoni dell’immondizia, e dai negozi, che offrono opere d’arte e vestiti di alta moda.
Camminare sulla spiaggia e’ piacevole, accarezzati dalle fredde onde dell’oceano, e si vorrebbe rimanere ad assaporare il sole caldo, ma ancora molte miglia ci separano dal nostro rientro a San Francisco.
La nostra rotta verso la baia ci porta ad attraversare la valle di Santa Clara, nota come Silicon Valley; qui ha avuto origine la rivoluzione informatica e ancora oggi tutte le piu’ grandi industrie software ed hardware hanno la loro sede in quest’area.
La temperatura e’ alta, fuori dal microclima condizionato della nostra Ford, ma questo non ci impedisce di fare un piccolo pellegrinaggio a 1, Infinite Loop, Cupertino, sede del campus della Apple, e acquistare un po’ di esclusivi gadgets da veri nerds.
Le ore passano come le miglia sotto le nostre quattro ruote; arrivati in citta’ siamo accolti dal traffico delle cinque del pomeriggio, che non ci toglie il buon umore, abituati come siamo al traffico infernale romano.
L’aperitivo e’ nella sede di Cycling74 e al mio arrivo e’ gia’ gremita di insegnanti, artisti, geeks, insomma gli utenti di MaxMSP. Da quello mi sembra di capire dai commenti e da quello che vedo, la societa’ e i ragazzi che ci lavorano sono molto “hippy”, e l’ambiente e’ proprio piacevole. Con mia sopresa incontro un altro ragazzo italiano, Luigi,  (oramai trapiantato tra Stati Uniti e Argentina) e alcuni altri italianofili, che danno un respiro quando la sovrabbondanza di inglese diventa insopportabile.
Il dubbio di essere il meno esperto in mezzo a geni della programmazione viene ben presto confermato, ma anche molti altri sono nei miei stessi panni, e questo aiuta assai.
La serata scorre picevole, e presto arriva l’ora di lasciare il quartiere di Mission, dove ha sede della societa’, e tornare all’albergo, questa volta in un’area ancora piu’ centrale, quasi a Downtown. Qualche giro di birra al pub a pochi isolati dall’albergo, scoperto da Stefano in serata, che si tramutano in molti nel giro di poco tempo, mentre le ore si fanno piccole, la mia carta di credito smette di funzionare, e il Texas si presenta in tutto il suo splendore.
Ancora sorprese nella nottata, quando mi ritrovo circondato in pochi minuti da una decina di mezzi del San Francisco Fire Department, quasi come in un film, con la scala che sale veloce su un palazzo di fronte a me, e si cerca di capire se e’ il principio di un incendio o qualcuno che ha fumato dove non avrebbe dovuto. Luci colorate, sirene, poca voglia di tornare in albergo.
Alla fine ritorno, e la sveglia mi lascia solo poche ore di sonno (troppo poche) prima di suonare per annunciarmi l’inizio della conference.

Ineffabile Big Sur

Attraversare la california da Est a Ovest, dai boschi e le montagne della Sierra Nevada, ricche di cascate e neve che appena  inizia a sciogliersi, fino alle spiagge e scogliere a picco sull’oceano Pacifico della costa occidentale, e’ una esperienza visiva particolare e affascinante. Il territorio della california centrale e’ arido, le colline sono lunghe e dolci ma non vi si trova altro che arbusti, sterpaglia, e gli alti piloni dell’alta tensione. Il passaggio dal verde del Parco Naturale dello Yosemite a questa “terra di mezzo” e’ graduale, ma non si puo’ fare a meno di pensare che solo poche prima si era immersi in una delle foreste piu’ ricceh degli Stati Uniti.
Ma questo e’ nulla al confronto della breve area costiera, lungo la Highway 1, che viene denominata Big Sur; semplicemente “Il Grande Sud”.
“Non esiste una citta’ chiamata Big Sur, anche se la troverete indicata in qualche cartina”, cosi’ la nostra guida inizia la descrizione di questa parte di California; ed in effetti non si sa bene dove inizi e dove finisca (da qualche miglia a sud di Carmel-By-The-Sea fino al Hearst Castle) ma ci si accorge solamente di essercene immersi quando  colline forti e selvagge si stagliano alla destra della strada e alla sinistra solo pareti di roccia che rapidamente affondano nell’oceano. Sono paesaggi che ricordano alcune parti del sud italia, penso al Salento o ad alcune coste della Sardegna: ma qui la magnificenza della Natura e’ (di nuovo) assolutamente incontrastata, nessuna casa all’orizzonte, nessuna spiaggia assalita da orde di turisti, nessuna opera umana se non una strada che tra curve e ancora curve si dirige verso sud.
Aree attrezzate per il campeggio, parchi naturali, piccole aree di sosta dove poter ammirare il paesaggio e cogliere tutti i suoni e colori e sensazioni di quest’altra zona cosi’ lontana dall’idea dell’america tutta metropoli e tecnologia avanzata.
Ovviamente essere in un periodo di bassa stagione ha amplificato ancora di piu’ la sensazione, nonostante il clima gia’ fosse splendido e il tramonto, mentre ci dirigevamo all’albergo in Monterey, da togliere il respiro.

Preso possesso della nostra stanza d’albergo, siamo andati alla scoperta di questa cittadina di origini messicane, una volta importante snodo politico e commerciale, prima dell’annessione della California agli Stati Uniti, ora una rinomata cittadina turistica. Girovagando tra locali, dal pub irlandese, al semi-club, siamo anche riusciti a sentire un poco di musica dal vivo, ragazzi che proponevano le loro canzoni in un bel locale con tanto di piccolo teatro e palco.